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Viteliù: Nuovo prestigioso riconoscimento per lo scrittore Nicola Mastronardi

In occasione della cerimonia conclusiva del Premio Castello di Prata sannita – L’iguana-Omaggio ad Anna Maria Ortese, tenutasi domenica 29 giugno 2014 è stato consegnato a Nicola Mastronardi il primo premio nella sezione narrativa “per una storia che attendeva di essere raccontata o meglio per un popolo quello sannita che aspettava il suo riscatto storico dall’oblio”.

Lo scrittore altomolisano, ottiene un nuovo riconoscimento per il suo romanzo storico d’esordio definito dalla giuria “opera pregevole che unisce esattezza della ricostruzione storica ad uno stile narrativo immediato e attraente”, come si legge nella pergamena consegnata all’autore.

Di elevato spessore culturale le giurie delle sei sezioni, Narrativa, Presidenti Marosia Castaldi e Gabriella Fiori; Poesia edita e inedita, Presidente Elio Pecora; corto/video, Presidente Matilde Tortora; Fotografia, Presidente M. Rosaria Rubulota; Musica, Presidente Nicola Rando. Eccezionale la presenza di Gerardo Marotta, Presidente Istituto Italiano per gli Studi filosofici.

Oltre all’indubbio valore storico del romanzo che mette in luce un popolo dimenticato questo romanzo “comunica la certezza che l’esistenza umana non è un vagabondare senza senso, ma un pellegrinaggio dove una meta c’è e si può raggiungere” come disse l’on. Gianni Letta durante la presentazione che fece a Roma.

Questo romanzo non è solo avvincente per la bellezza del testo, corroborata dalla qualità della scrittura dell’autore, o per l’amore che traspare per la terra descritta, ma ha “anche un altro insegnamento riferito ai nostri giorni. Nel momento più difficile, quando tutto sembra perduto e la guerra inevitabile con il suo seguito di morte e devastazione, è l’ora della verità, della sincerità. In età classica si chiamava virtù della “parresìa”, del dire la verità senza furbizie, con onestà”
“Può arrivare anche tra noi un momento così? […] Io credo sia una necessità, e la storia ce lo suggerisce come unica via d’uscita, se non vogliamo essere divorati non una parte dall’altra, ma l’Italia intera, di destra di sinistra o di centro, dallo tsunami di una crisi spietata e che per essere superata ha bisogno di energia concorde. È il perdono e la misericordia reciproci che consentono la speranza”. On. Gianni Letta

Romanzi come questo hanno il grande dono di ricordarci questa speranza.

 

“Francesco secondo Giotto”: guardare Francesco in ascolto di papa Francesco

Per la prima volta nella storia un papa ha preso il nome di Francesco. Una scelta su cui lui stesso è tornato più volte per raccontare come sia maturata e che significato abbia. Nella visita ad Assisi dello scorso 4 ottobre ha detto: «Io ho scelto, come Vescovo di Roma, di portare il suo nome. Ecco perché oggi sono qui: la mia visita è soprattutto un pellegrinaggio di amore, per pregare sulla tomba di un uomo che si è spogliato di se stesso e si è rivestito di Cristo e, sull’esempio di Cristo, ha amato tutti, specialmente i più poveri e abbandonati, ha amato con stupore e semplicità la creazione di Dio».

In questo contesto si colloca la nuova edizione di Francesco secondo Giotto, di cui è autore Roberto Filippetti, il quale illustrando la ricca iconografia della basilica di Assisi e della cappella Bardi in Santa Croce a Firenze ci conduce a guardare la vita del Santo. Il libro doveva uscire un anno fa, poi è stato rinviato e nel frattempo è stato eletto papa Bergoglio. Questo fatto ha impresso al volume un significato nuovo; non si poteva parlare di Francesco a prescindere da ciò che diceva papa Francesco. E infatti l’opera ha preso la sua forma definitiva dopo le parole di Assisi. Esse hanno portato a focalizzare il nesso tra l’amore a Cristo e la santità, sorgente di ricostruzione della bellezza della Chiesa.

San Francesco ha subìto tantissime riduzioni, di tipo ambientalista o pacifista; nel migliore dei casi egli è la colonna che trattiene la Chiesa dalla rovina, isolando questa celebre immagine di Giotto dal contesto della sua narrazione, come se fosse un suo sforzo titanico. Oppure si enfatizza la spoliazione in alternativa alla ricchezza.

In realtà Giotto raffigura Francesco come alter Christus, con lo sguardo rivolto al Padre e avvolto nell’abbraccio della Chiesa che lo copre col suo mantello e lo accoglie come figlio. Di qui l’immagine di copertina, che nella basilica di Assisi si trova al centro di una straordinaria terzina, il cui perno, scrive l’Autore, «è la mano di Dio che, trapassando i cieli, scende e si manifesta. E il Santo, dapprima quasi inconsapevolmente poi in modo sempre più trasparente, tiene lo sguardo su quella mano». «Spogliato di tutto, rivestito dal manto della Chiesa, Francesco inizia il cammino di immedesimazione con Cristo, fino alle piaghe della sua Passione per i fratelli uomini. In tal modo egli è reso ricostruttore della casa di Dio e di quel sommo tempio di Dio che è il cuore dell’uomo».

“Terzina” degli affreschi di Giotto ad Assisi

Recentemente papa Francesco ha detto: «Ciò di cui abbiamo bisogno, specialmente in questi tempi, sono testimoni credibili che con la vita e anche con la parola rendano visibile il Vangelo, risveglino l’attrazione per Gesù Cristo, per la bellezza di Dio. […] C’è bisogno di cristiani che rendano visibile agli uomini di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza per ogni creatura». San Francesco è stato un testimone credibile e Giotto ne ha rappresentato la vita in modo mirabile.

Dopo tanti libri freneticamente pubblicati in questi mesi su papa Francesco, il volume di Filippetti, riccamente illustrato, si distingue perché ci guida a rileggere l’iconografia del Santo secondo l’originaria intenzione della committenza e degli artisti: ridestare attraverso il fascino dell’arte il desiderio della Bellezza infinita, cioè della santità. Quello a cui ci invita papa Francesco.

Eugenio Dal Pane