Don Giussani. Vita di un amico

Un uomo impegnato con la propria umanità: è questo il ritratto di don Giussani che emerge dalla biografia che gli ha dedicato Renato Farina (Don Giussani. Vita di un amico, Piemme, pp. 192, euro 13,50), scrittore e giornalista, originario di Desio come il fondatore di CL, col quale ebbe una assidua frequentazione.

Particolare attenzione Farina riserva all’ambiente familiare e parrocchiale nel quale Giussani è nato e all’influsso esercitato su di lui dal padre Beniamino e dalla madre Angelina, che ne educarono la fede e la ragione e gli trasmisero il gusto per la bellezza; poi gli anni di seminario a Venegono, dove incontra e si forma alla scuola di grandi maestri, che gli faranno scoprire la verità e la grandezza del cristianesimo, e vive appassionate amicizie (in particolare con il futuro arcivescovo di Bologna, mons. Manfredini), tese a scoprire Cristo come centro di tutto.
Una frase tratta da una lettera del 1945 – Giussani è da poco sacerdote – all’amico Angelo Majo, che diventerà arciprete del Duomo di Milano: “Noi non siamo forse al mondo per amore di Lui e per la felicità degli uomini?”, ci fa cogliere il fuoco che lo ha animato tutta la vita. “Don Giussani, scrive Farina, ha sempre avuto un punto fermo: prendere sul serio il desiderio di felicità dell’uomo, osservarlo come dato di esperienza, valorizzare la ragione per comprenderne la portata e verificare se c’è una proposta che riempia questa attesa di significato. Non in cielo, dopo la vita, ma adesso, almeno come inizio, sperimentato in questo istante”.
Nasce di qui la sua passione di educatore, teso a comunicare indomabilmente agli altri ciò che sentiva vero per sé: la bellezza e la ragionevolezza del cristianesimo non come dottrina, ma come vita che incontra la nostra vita, come unica risposta adeguata al desiderio di infinito che caratterizza il cuore dell’uomo.
Non un esercizio intellettuale, quindi, o un puro insegnamento, ma un paragone leale da uomo a uomo. Per questo don Giussani non ha mai inteso fondare niente. Dirà in un incontro sul tema dell’educazione: “Io sono semplicemente uno che ha cercato di vivere in mezzo ai giovani con un desiderio di verità, che è una per loro e per me. Perciò aiutando loro a trovare la verità o a ricercarla, aiutavo me stesso. Io dico sempre che avendo studiato e anche insegnato teologia, le cose le ho imparate discutendo nelle classi del mio liceo statale di Milano, facendo religione. Le parole che definivo teoricamente le ho dovute tirar fuori dalla mia carne e dalle mie ossa dovendo rendere ragione ai ragazzi” (p. 143).
In tempi di confusione, che i giovani pagano più di tutti, c’è bisogno di uomini così. Conoscere la loro vita può essere una provocazione ad una vita più vera, più intensa, più lieta.

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