La Pasqua e il lavoro

Che cosa c’entra la resurrezione di Cristo con il lavoro e la vita dell’azienda? Da giorni rifletto su questa domanda, specie dopo un dialogo con alcuni dipendenti a seguito di ripetuti errori che si erano verificati in un reparto. Ne era emersa una domanda: come e perché lavorare bene?

Questa mattina, mentre mi recavo ad un appuntamento, mi è balzata alla mente la centralità della parola esperienza. L’uomo, infatti, orienta la sua vita in base all’esperienza. Se è sommerso da circostanze negative, facilmente arriverà ad un sentimento negativo della vita. Questa osservazione evidenzia che egli ha dentro di sé un criterio oggettivo che lo mette in grado di distinguere il vino buono da quello cattivo, il cibo gustoso da quello scadente, il bello dal brutto, il bene dal male. Non a caso tutti noi siamo grati a chi ci tratta bene. Aziendalmente si parla della “soddisfazione del cliente”; il cliente soddisfatto è uno che nella relazione di lavoro ha fatto un’esperienza di bene. In tutto, infatti, è un bene ciò che l’uomo desidera, attende e si aspetta.
Quanto più una persona fa esperienza del bene, tanto più esso diventa il sentimento dominante della sua coscienza, ciò a cui tende nei rapporti, nelle parole, nelle azioni. È perché ho fatto e faccio ogni giorno esperienza di uno sguardo di simpatia che riconosco questo come bene per me così che quanto più ospito questa presenza buona, quanto più convivo con essa, faccio memoria del suo sguardo, delle sue parole, dei suoi gesti, tanto più essi diventano sguardi, parole, gesti miei, in cui sento compiersi la mia umanità fino a desiderare che tutto ne sia investito. È l’esperienza di un bene presente che mi fa trattare bene gli altri e le cose, mi rende paziente verso il limite, indomabile nella costruzione.
Ha scritto Benedetto XVI, nella Deus caritas est: «La vera novità del Nuovo Testamento, non sta in nuove idee, ma nella figura stessa di Cristo, che dà carne e sangue ai concetti – un realismo inaudito». Dio si è incarnato per essere incontrato come fattore dell’esperienza, perché nell’incontro con Cristo l’uomo potesse fare esperienza di uno sguardo, di una parola, di azioni, di un modo di guardare la natura, di trattare le cose, di perdonare il male, di gustare la bellezza che potevano essere facilmente riconosciuti come eccezionalmente buoni tanto che i primi che lo hanno incontrato hanno continuato a cercarlo, sentendo rinascere tutta la propria umanità nel rapporto con Lui.
Questa novità, che ha la sua sorgente inesauribile in Cristo risorto, è giunta fino a noi come esperienza di un bene che ci attrae e che, quasi senza accorgersene, giorno dopo giorno prende possesso della nostra vita e del nostro lavoro.

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