Scuola d’impresa. Un’esperienza personale

La scuola d’impresa promossa dalla Fondazione Sussidiarietà è stata per la mia attività estremamente importante. Mi sono accorto che il paragone con un metodo per un verso rende consapevoli, per un altro corregge, consentendo dei cambiamenti che migliorano la qualità della vita aziendale e la sua redditività.

Dico questo avendo negli occhi fatti ben precisi. Nel marzo 2006 ho partecipato al corso Condurre le persone. Da allora ho iniziato sistematicamente a fare una riunione con i capireparto. La riunione del lunedì è diventata il luogo dove con alcuni giudico le questioni, si imposta il lavoro, si dà il ritmo all’azienda, si prende coscienza di operazioni e situazioni di particolare importanza, si sostiene chi è in difficoltà. Stiamo imparando a giudicare insieme fino ad arrivare al dettaglio delle situazioni così che ciascuno si sente molto più certo nell’azione (e io ho più tempo per dedicarmi al mio ruolo specifico, lo sviluppo dell’azienda).
Non meno importante per me è stato il video con l’intervento di Minoli su Mercato e innovazione: chiavi per competere. Io ho sempre pensato ad Itaca come ad una attività molto particolare, da riserva indiana. Ascoltare Minoli mi ha fatto guardare la mia opera con occhi nuovi. Minoli parlava dei fattori di successo dell’impresa: il brand, l’orgoglio di appartenere al brand e alla sua storia, il coinvolgimento dei fornitori, la tribù, cioè coloro che si riconoscono nel brand, rivenditori che condividono i valori dell’azienda, un posizionamento chiaro sul mercato. Io mi sono accorto che, fatte le debite proporzioni, avevo tutto (tranne i 29 milioni di euro derivanti dal merchandising):
1. il brand;
2. un gruppo di collaboratori che sente proprio ciò che fa (senza bisogno di rompersi le gambe)
3. un network di librerie che si sono riconosciute in quel che facciamo fino ad accettare che Itaca dia il nome al network che le unisce;
4. la tribù, una vasta realtà di persone che guarda con stima e simpatia al nostro lavoro;
5. una posizione chiara sul mercato: siamo una libreria on line, che, insieme a librerie territoriali, propone al mercato prodotti editoriali rivolgendosi ad un target di persone che abbia voglia di capire sè e la realtà: se qualcuno vuole “leggere il nulla” (l’espressione è di Alberta Zama) deve andare altrove.
Ribadisco: io avevo tutto, ma non me ne rendevo conto. Oggi capisco che questa è una grave debolezza perchè si lavora nella riserva quando si hanno davanti grandi praterie. Come dice Raffaello Vignali nel suo libro Eppur si muove, l’innovazione comincia negli occhi.
Ho cominciato a guardare a Itaca come un’opera che si pone sul mercato editoriale italiano con una propria identità e originalità culturale, comprendendo finalmente il valore che questo ha dal punto di vista imprenditoriale. Infatti se, come ho letto sul Corriere delle Opere tempo fa, le aziende che resistono sul mercato sono quelle che hanno puntato sul brand e sull’accorciamento della catena distributiva, questo è quello che Itaca network sta facendo. Stiamo promuovendo un brand che vuole differenziarsi sia dalle catene sia dall’idea di libreria indipendente (che non ha futuro). Secondo il metodo che abbiamo appreso dalla CDO ci siamo messi insieme nella convinzione che valesse la pena dare corpo ad un criterio ideale che ci unisce e che ci permette di affrontare, con la necessaria pazienza, anche reciproche diffidenze o situazioni di concorrenza.
Gli esiti sono incredibili:
1. da quanto la libreria al Meeting è frutto della collaborazione tra Itaca e la libreria di Rimini è diventata un evento nell’evento, come hanno notato alcuni autorevoli personaggi, colpiti dalla qualità della proposta e dal pubblico che l’affolla;
2. le librerie del network si stanno diversificando e qualificando sul mercato attraverso l’adesione ad un brand la cui notorietà è in crescita;
3. stiamo creando convenzioni con editori per acquistare a condizioni migliori opere che giudichiamo di particolare valore culturale che insieme proponiamo al mercato;
4. insieme abbiamo la forza per creare iniziative come Leggere fa bene attraverso la quale, vendendo a prezzi speciali prodotti nuovi, ancora validi come contenuto, ma di limitato valore commerciale – una sorta di banco alimentare del libro – a) raccogliamo fondi per adottare due opere legate ad AVSI; b) promuoviamo alcuni libri in cui si parla di AVSI; c) facciamo conoscere il nostro marchio e quello di AVSI; d) portiamo a casa qualche euro;
5. a gennaio il network ha organizzato la prima scuola librai, diretta da Aldo Allegri, che è stato direttore delle Librerie Rizzoli, e che si sta coinvolgendo con noi, colpito da due cose: che noi abbiamo il mercato e una prospettiva imprenditoriale.
Il network sta dando valore alle nostre aziende non grazie all’immissione di capitali che non abbiamo, ma tramite una intelligente messa in rete di quel che siamo. In tal modo realizziamo una diversa massa critica rispetto a quel che ciascuno è e si crea una rete di librerie che assicurano un canale a prodotti editoriali che, per le dinamiche attuali della distribuzione, e in particolare della distribuzione libraria, rischiano di essere sempre nella parte alta dello scaffale o di scomparire dalla libreria. Otteniamo, quindi un duplice scopo: culturale ed economico.
Questa coscienza più chiara ha come riscontro che il nostro lavoro sta destando interesse: oltre all’intervista sul numero di ottobre del Corriere delle Opere, una importante rivista di settore, Bookshop, ci ha dedicato ampio spazio sul numero di dicembre. A maggio per la prima volta Itaca sarà presente alla Fiera di Torino.
Un ultimo risvolto non secondario: in questi mesi abbiamo assunto diverse persone; stiamo investendo in comunicazione sia sulla carta stampata sia su internet (a breve avremo 4 siti più un blog); abbiamo assunto un direttore commerciale; facciamo lavorare di più i nostri fornitori… . Spesso uno è convinto di fare già il massimo: gli ultimi mesi mi hanno fatto capire che se si alza lo sguardo ci possono essere ulteriori prospettive. Così mi è diventato evidente un’altra cosa, di per sé ovvia: un’azienda che cresce crea valore non solo per sè, ma coinvolge altri soggetti in un processo virtuoso davvero entusiasmante perchè accadono cose più grandi di quello che uno avrebbe potuto immaginare
Se penso che questa “apertura di sguardo” mi è costata 600 euro, due giornate e due sabati mattina, trovo che sia stato il miglior investimento della mia vita.

 

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