Cosa i ladri non possono rubare

A fine giugno dei ladri sono riusciti a entrare nei nostri uffici rubando tutta l’attrezzatura informatica. Il danno è stato notevole, ma questa si è rivelata un’occasione per verificare dove consistono il nostro lavoro e la nostra vita.

Dopo i primi momenti di sconcerto ho telefonato ad un’amica la quale ha esclamato: “Ma cosa vuole il Signore da noi?”. Poi ho radunato tutti i dipendenti e ho chiesto di dire una preghiera per i ladri. Ho spiegato come sia ragionevole l’invito del Vangelo a perdonare, perchè spezza la catena alla quale il male vorrebbe soggiogarci, prima colpendoci e poi alimentando in noi risentimento e odio che sono contrari a ciò che il nostro cuore desidera.

Due settimane dopo ci siamo radunati per verificare l’esperienza fatta in questa circostanza. Da quanto è stato detto mi sono reso conto come quel breve gesto aveva volto al bene (nella modalità dei rapporti, nella disponibilità al sacrificio per recuperare il lavoro perduto…) anche quella circostanza. Una persona ha più volte sottolineato che non era scontato che non prevalessero odio e risentimento e che i rapporti tra le persone fossero stati sereni (è facile, quando accade qualcosa di negativo, che prevalga il nervosismo).

Per me è stata un’ulteriore occasione per verificare come la fede sia un modo più vero e conveniente di vivere le circostanze. Personalmente ho capito che i ladri possono portare via i computer, ma c’è una cosa che non può essere rubata, la coscienza di un rapporto che mi costituisce e che fonda la mia vita. Su questa rinnovata certezza – che è la vocazione ciò che rende solida e indomabile la vita – abbiamo ripreso a lavorare con una dedizione ed una letizia rinnovate.

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