La Chiesa in Siria

La seconda giornata ci ha introdotto nella situazione della Chiesa in Siria.

In Siria i cristiani rappresentano una piccola minoranza (circa il 9%), suddivisa tra ortodossi e cattolici i quali, per ragioni storiche, appartengono a diverse tradizioni ecclesiali, ciascuna con una propria gerarchia. I vescovi hanno descritto la vita delle comunità loro affidate che vivono in un contesto dove lo Stato garantisce la libertà di culto, ma non c’è libertà religiosa perchè non è possibile per un mussulmano convertirsi al cristianesimo.
Un simile contesto rende necessaria la collaborazione tra le diverse espressioni cattoliche, il dialogo con gli ortodossi (abbiamo fatto visita al patriarca greco ortodosso e partecipato ai vespri presso il loro monastero di Tel Kawkab) e quello con i mussulmani, che ci hanno accolto nella grande moschea omayyade dove è custodita la tomba di san Giovanni Battista, infine i rapporti con lo Stato.
Nella mattinata di lunedì siamo stati ricevuti dal presidente della repubblica, Assad, il quale ha ribadito l’importanza del dialogo e dell’armonia tra le diverse religioni. Mi ha colpito la familiarità tra il Patriarca e il Presidente, al quale, mi spiega un sacerdote, i cristiani siriani sono molto legati e grati per la libertà di cui godono, garantita dallo Stato.
Ne abbiamo avuto un esempio in serata. Dopo la Divina Liturgia, suggestiva per la ricchezza della simbologia e la bellezza del canto, si è snodata dalla chiesa del patriarcato una processione fino alla porta di san Paolo, quella dalla quale fuggì calato in una cesta. Migliaia di persone hanno invaso un tratto di strada a più corsie, per l’occasione chiusa al traffico, un dettaglio che mi è stato fatto osservare dal vescovo rumeno Virgil Bercea, sorpreso da questa possibilità di esprimere pubblicamente la fede.
L’entusiamo della gente era espresso da grida (in senso letterale) di gioia; visibile la commozione e la gratitudine per la presenza di tanti vescovi da diverse parti del mondo che il Patriarca ha ricordato in diverse circostanze, come a dire al gregge a lui affidato: “Non siamo soli, tutta la Chiesa ci è vicina, ci abbraccia e ci sostiene”.
A conclusione di queste tre intense giornate uno spettacolo nella suggestiva cornice della Cittadella di Damasco dal titolo significativo e riassuntivo del senso di queste celebrazioni: “La via di Damasco, la luce del mondo”. La conclusione dell’Anno Paolino, infatti, rilancia un forte messaggio per l’uomo smarrito di oggi: nell’incontro con Cristo la cecità è vinta, la vita si riempie di luce e sono abbattuti i muri dell’inimicizia: “Cristo è la nostra pace”, come direbbe san Paolo.

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